Roma,13 maggio 2002
Comitato Centrale Fiom-Cgil 13/14 maggio 2002: Intervento di Claudio Sabattini
I lavori della prima giornata del Comitato centrale della Fiom sono cominciati con il saluto del neosegretario Gianni Rinaldini al segretario generale uscente Claudio Sabattini. A seguire lo stesso Sabattini ha salutato il Comitato centrale, mentre l'intervento conclusivo è stato quello del segretario generale della Cgil Sergio Cofferati.
Intervento di Claudio Sabattini
Devo dire subito che, diversamente da Gianni Rinaldini, io farò un breve intervento di tipo esclusivamente personale, anche perché penso che gli avvenimenti politici e sociali a cui ho partecipato partono da così lontano che sarebbe difficile fare qualsiasi sintesi o qualsiasi valutazione che avesse un minimo di criterio e di oggettività.
Parto dall'inizio. Sono nato nel 1938, prima della Seconda guerra mondiale, ho attraversato una fase, quindi, come tutti possono capire, molto delicata, complessa e difficile. Essere figlio di un comunista e di un partigiano non era proprio il massimo della condizione in quel periodo. Questo mi ha costretto ad andare anche in un altro paese, in Francia, per due anni, proprio per ragioni di ordine politico e culturale.
Devo dire che, contemporaneamente, ho avuto la fortuna in quegli anni di fare quella che era considerata una scuola di classe, e che lo era effettivamente. Mio padre mi disse che le ragioni per cui io dovevo fare il liceo classico e l¢università derivavano da un¢esclusiva valutazione: dovevo conoscere in modo approfondito la cultura della borghesia e del capitalismo per poterla combattere, io sono rimasto sempre di quella opinione, non l¢ho cambiata.
Alcune questioni fondamentali, che sono state alla base della mia formazione, in un periodo ancora non sufficientemente valutato criticamente, sono rimaste profondamente nella mia coscienza, nella mia memoria e nella mia esperienza.
Ricordo che a 14 anni, venendo da una manifestazione che era stata fatta contro la legge truffa, parlo quindi di periodi antichi per molti di voi, molti forse non erano nemmeno nati, vidi per la prima volta che sulle camionette della Polizia vi erano i crumiri che dovevano entrare in una fabbrica, dove i comunisti che erano stati licenziati facevano un picchetto davanti alla fabbrica, e ho visto le camionette della Polizia sfondare i picchetti e fare entrare i crumiri.
Non è molto importante sapere che cosa fossero quei crumiri, ma debbo dire che anche questo ricordo non mi ha mai abbandonato.
Del resto ho partecipato con tutto il cuore, oltre che con l¢intelligenza che ho, ai processi unitari nel Movimento sindacale, prima all¢università, poi nel Sindacato, non ho mai fatto parte di gruppi che non fossero il Partito Comunista italiano che, come si sa, non era un gruppo; sono sempre rimasto nella Cgil e in quel periodo ho conosciuto Giorgio Cremaschi, così come ho conosciuto Gianni Rinaldini. Abbiamo fatto parte della stessa esperienza, che ha più di 30 anni, così come con altri compagni, e anche di quelle vicende, nonostante tutte le valutazioni che si possono fare, io vi ho partecipato profondamente, in modo assolutamente convinto, dato che per me il principio della convinzione è un principio irrinunciabile. Dico questo anche perché non ho mai fatto un abiura nella mia vita, né credo che la farò mai. Io non sono cattolico, ma considero che quando uno abiura fa una cosa soprattutto contro di sé e contro gli altri, e nessuno ha diritto di fare una cosa contro di sé e contro gli altri. Poi se si convince di altre posizioni e di altre opinioni, deve avere la stessa libertà di cambiare. Non ho mai considerato che cambiare sia un fatto incoerente, spesso ho visto altri che, non volendo cambiare opinione e posizione, erano assolutamente incoerenti, ma questo del resto capita a tutti nella propria vita.
Io ho sempre pensato che per fare un lavoro come quello che facciamo sia necessario un grande spirito di servizio, oltre al fatto di non considerare se stessi altruisti per questo, e credo che ci sia bisogno di questo spirito di servizio per poter vivere. Non ho mai considerato un fatto di altruismo fare il sindacalista, anche nelle migliori condizioni in cui questo può avvenire, anche nei periodi più alti della militanza, come sono stati gli anni della fine degli anni 60 e per tutto un lungo periodo degli anni 70.
Proprio per questa ragione, per il fatto di avere avuto vicende spesso anche molto profonde, quindi di aver avuto fasi altalenanti, queste sono state un contributo importante perché in quel periodo, e vorrei ricordare Lama, si usavano modi molto più schietti, ricordo che dopo il 1980 Lama mi disse che bisognava trovare un capro espiatorio, e che io dovevo assolvere a questa funzione e poi Lama aggiunse: " è capitato anche a me per molto meno, sono dovuto passare dalla Segreteria confederale ai chimici improvvisamente", solo perché avevo mancato di rispetto ad un segretario confederale . . . Fare il capro espiatorio, poi, non è una cosa così drammatica, lo si fa per un certo periodo di tempo e poi si ricomincia, non bisogna impressionarsi particolarmente, sto parlando di Lama, non di un secolo fa, sto parlando di cose che io, sinceramente, ho sempre apprezzato, molto più apprezzato così che in altri modi, in altre forme che sono venute di moda, del resto ho visto che, in alcuni casi e forse per la stessa ragione anche Cofferati condivide questa opinione, si può persino procedere, ma si può anche retrocedere, ammesso che abbia un significato il procedere ed il retrocedere. Si può salire nelle responsabilità, ma si può anche discendere, non c¢è niente di male in questo, anzi questo fatto, secondo me, dà un¢abitudine al carattere che impedisce quelle sciocchezze per cui uno pensa di essere così importante nella vita. Se si è importanti lo si è per qualche minuto, per qualche periodo, ammesso anche che l¢espressione "importante" abbia un qualche significato preciso, mentre la responsabilità, questa sì, ha un significato molto importante e chi ne assume il carico deve avere pienamente il senso di questa responsabilità, perché altrimenti non si capisce quello che si può fare e soprattutto non si capisce che in alcuni momenti certe cose bisogna proprio farle, al di là, secondo me, di qualsiasi contingenza e valutazione.
Ho conosciuto le fabbriche meccaniche, quelle di meccanica fine di Bologna, così come quelle di siderurgia a Brescia, e devo dire che non avevo mai visto operai lavorare in quelle condizioni terribili, perché nel periodo in cui io sono stato a Brescia lavoravano in condizioni davvero impensabili.
Così come sono stato a Torino per tanti anni e devo dire che da questa esperienza è emerso un secondo punto, secondo me, decisivo: se non ci si identifica seriamente con la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici, se non li si ama, non si può fare il sindacalista, non è possibile. Gli atti di cinismo, quindi, o di furbizia sono solo delle sciocchezze autolesioniste, sciocchezze contro di sé, più che contro gli altri. Il lavoro del sindacalista è difficile e per farlo bisogna avere un certo livello, naturalmente, di moralità, in senso proprio, e bisogna credere davvero che sia possibile la giustizia sociale, perché, se non si crede neanche in questo, non si può fare il sindacalista.
Io penso, tutto sommato, di avervi detto assolutamente tutto, ho conosciuto persone diverse tra di loro, devo dire che era difficilmente prevedibile che i rapporti tra Cofferati e me fossero dei rapporti di simpatia particolare. Vi sono stati momenti molto complessi in cui ci siamo scontrati anche duramente, non solo duramente, ma anche mantenendo le nostre opinioni, perché poi non sempre tutto finisce necessariamente con un accordo, però devo dire che questo rapporto credo che sia molto migliorato e cresciuto anche affettivamente. Può darsi anche che in qualche modo abbia avuto anche un¢influenza positiva rispetto a vicende sociali e politiche anche se, comunque, esse si sono svolte nelle migliori condizioni di rapporti tra la Fiom e la Cgil, altrimenti queste vicende politiche non avrebbero potuto avere successo.
Voglio fare, però, qui una distinzione: non è vero quello che dice Gianni, cioè che io lascio la Fiom solo per ragioni di Statuto. Il lavoro del Segretario della Fiom - io ho sempre difeso la funzione del Segretario generale della Fiom contro tutti quelli che la volevano mettere in discussione – fa perno proprio su quel principio di responsabilità che secondo me deve guidare ciò che noi facciamo. Io credo però che per ciò che riguarda la mia esperienza nella Fiom ho considerato e considero, con tutta la sincerità con cui vi ho parlato, che la mia esperienza fosse finita e che fosse bene e necessario, al di là degli 8 anni, passare ad una fase diversa per quanto riguarda il gruppo dirigente e la gestione della Fiom, diversa non perché io non mi trovassi bene con le compagne e i compagni con cui più direttamente ho lavorato – cito solo tra i tanti Francesca Re David, Riccardo Nencini e Gino Mazzone, per la particolare fraternità - ma perché ci sono delle fasi e dei livelli di responsabilità che, se si compiono sul serio, portano inevitabilmente a una fatica che non è una fatica fisica, ma derivante proprio dalla responsabilità e che ha bisogno di un termine per poter semmai, se non si sente di aver finito ciò che si può ancora fare, cambiare piuttosto che poi inesorabilmente soccombere.
Io credo che questa sia la ragione vera, autentica, profonda per cui ho lasciato la Direzione della Fiom. Altri hanno oggi la responsabilità di questa Direzione, in primis Gianni, che io considero non solo come un compagno adatto a svolgere questa funzione, così come gli altri compagni della Segreteria, ma, oltre che ad essere tale, credo che Gianni abbia la statura necessaria, oltre che sufficiente, per svolgere questa funzione.
Voglio concludere proprio con questo: ciascuno di noi, uomini o donne che siano, può essere considerato un dirigente solo se è in grado di far retrocedere i propri interessi personali rispetto agli interessi della organizzazione che governa.
Se non ha questa statura, non è un dirigente!